E’ con il capo cosparso di cenere che oso parlare di questo piatto icona della cucina italiana.
Ogni parola mi sembra imprecisa e insufficiente.
Ci vorrebbe Lei, Sara, la “Melocchi” della cui persona e del cui bellissimo blog sono innamorata (andate a visitarlo e resterete incantati dalle foto, dalle ricette e dal suo modo di scrivere!).
Devo a lei, alla sua pazienza, alla sua disponibilità, alla sua spietata sincerità, quel (poco) che so sul risotto che, parlando francamente, dalle mie parti non è realizzato frequentemente nella sua canonica espressione “alla milanese”, ovvero all’onda, con il midollo ecc… Viene per lo più preparato alla pescatora ma, in questo caso, vigono altre “regole”, non certo quelle del risotto per antonomasia.
E poi a Napoli siamo pastaioli, il nostro regno per un buon piatto di maccheroni! Insomma, la “cremosità” del risotto non alberga a Napoli e dintorni. Di “onde” dalle mie parti si ammirano solo quelle da via Caracciolo …
La storia è andata più o meno così.
Io (napoletana atipica) che odio ‘o per e ‘o muss, le braciole di cotica, la zuppa di soffritto mentre amo il riso, il gorgonzola e la cassœûla.
Lei (Sara). Raffinata come poche, ottima cuoca, teutonica e imbattibile esecutrice del risotto PERFETTO. E se vi dico PERFETTO fidatevi.
La mia voglia di imparare mi portò, qualche anno fa, a sottoporle una foto del MIO risotto, convinta di ricevere lodi e consensi. Era bello, alto come il Vesuvio. In risposta il gelo.
Troppo asciutto, l’onda non c’era manco a cercarla con la fantasia di un bambino. Una Sara, dall’altro lato del pc che con il suo solito fare carezzevole e delicato sentenziava “non va bene, è sbagliato“.
“Sbagliato a me??? Non esiste proprio! E lo dobbiamo imparare a fare questo risotto“, dissi!
Quindi mi approvvigionai della giusta materia prima (Carnaroli Riserva San Massimo- Spettacolare!) e cominciai un filo diretto con Sara che sarà durato due mesetti buoni. Troppo asciutto, troppo brodoso, poco mantecato, troppo gnucco, troppo cotto, poco cotto… aiuto, salvatemi!
Insomma, per un paio di mesi a casa mia si è mangiato riso almeno due volte a settimana, con buona pace di mio marito!
Proprio quando la mia autostima stava decisamente scomparendo, lasciando il posto alla consapevolezza che avrei mangiato tutta la vita il risotto messo in forma negli anelli di acciaio, invece c’è stata la fumata bianca!
Nuntio vobis gaudium magnum…habemus risotto!
Bello, cotto il giusto, cremoso il giusto, all’onda. Gli mancava la parola! Se l’avesse avuta avrebbe cantato “O mia bela Madunina“.
Sara approvava e mio marito si sfregava le mani in attesa di una pasta e fagioli!
Approfittando del ritorno della mia bistrattata autostima, mi sono sbizzarrita e ne ho provati tanti fino ad arrivare al top! Al Riso e oro di Gualtiero Marchesi.
Come affermava lo stesso Marchesi si tratta di un risotto eseguito alla rovescia. Utilizza cioè la base (un soffritto di cipolla sfumata con il vino bianco) per creare un burro (il burro acido) con il quale mantecare il risotto solo in un secondo momento. Il tocco finale è la foglia oro alimentare, impalpabile.
Suggerimento.
Doveste imbarcarvi nella preparazione del risotto alla milanese o robe simili fate come me, fate vostre le considerazioni sul risotto perfetto di Sara. Ve le riporto pari pari ma potete leggerle sul suo blog nel post che vi invito a sbirciare “Risotto con lardo e melagrana”, una ricetta bellissima e particolarmente indicata per queste feste.
- Tegame adeguato con fondo spesso; preferibilmente a base abbastanza ampia. Io uso o la risottiera in rame o un tegame largo e basso (10 cm) in alluminio o la cocotte in ghisa.
- Riso adatto alla bisogna: Carnaroli, Arborio, Maratelli. L’Arborio solo se siete esperti.
- Tostatura: 2 minuti a fuoco vivace.
- Cipolla: avete presente una fettina sottile? E’ troppo spessa.
- Brodo: bollente e di carne. Non eccessivamente sapido.
- Cottura: riso sempre bagnato.
- Tempo: dipende dal riso. Non vi fidate delle indicazioni sulla confezione. Assaggiate.
- Burro: di qualità; per mantecare, freddo di frigorifero. Non esagerate con il quantitativo, per renderlo più cremoso, se avrete fatto tutto come si deve, non serve.
- Formaggio: grana padano o lodigiano.
- Mantecatura: rimestare con energia fino all’onda.
- Al dente: il riso al dente e cotto alla perfezione non ricorda i piombini. Non si dovrà percepire né alla vista, né al gusto, l’amido bianco della perla. Il riso al dente è un riso sodo sotto i denti, elastico, ma che non fa resistenza e non ha sapore “farinoso”; inoltre, mantiene integra la forma del chicco (non si sfalda, non si apre, non fa le “rughe”).
- Panna: non barate
- Esperienza: qualche anno e diversi risi scotti, troppo gnucchi o troppo “brodosi”
Ora stampate questo vademecum e imparatelo A MEMORIA. Lei ci osserva, non so come ma ci osserva…
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This notice EXPIRES ON: Apr 14, 2020
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